Sicurezza sul lavoro nell’industria chimica

 

industria chimicaIl pericolo di essere esposti a sostanze e preparati tossici e nocivi (Rischio chimico) è più o meno insito nella quotidianità; basti pensare all’utilizzo di prodotti chimici per la pulizia, all’inquinamento atmosferico o all’esposizione accidentale a prodotti contenuti negli alimenti o nei cosmetici.
A questa tipologia di esposizione, genericamente diffusa, si sommano, per gli addetti ai lavori, le esposizioni a prodotti chimici di quelle industrie che questi prodotti li fabbricano (attività ad esposizione diretta), o li utilizzano all’interno del loro ciclo di lavorazione (attività ad esposizione indiretta).

Ogni anno il settore dell’industria chimica immette sul mercato diverse migliaia di nuovi prodotti, a questi si aggiungono i prodotti intermedi di lavorazione, derivati cioè all’interno di un ciclo di produzione e non immessi direttamente sul mercato; e i composti in fase di sviluppo, che nella maggior parte dei casi non raggiungeranno mai il mercato, ma che sono comunque da considerarsi potenzialmente tossici proprio a causa delle incognite relative alla loro natura e composizione.
Il risultato è un’enorme quantità ed eterogeneità di prodotti chimici, più o meno tossici, presenti all’interno delle aziende oggetto del presente approfondimento e di conseguenza una estrema diffusione del rischio chimico.

Normativa: europea e Testo Unico Sicurezza

A cercare di regolamentare l’immissione sul mercato e la prevenzione dei rischi di questo settore, è intervenuto il Parlamento Europeo, che nell’ultimo decennio ha emesso una serie di normative internazionali volte a coordinare e classificare in modo omogeneo gli sforzi degli stati membri. I regolamenti REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals – CE 1907/2006) ed i regolamento CLP (Classification Labelling and Packaging – CE 1272/2008) sono stati introdotti con lo scopo di armonizzare le precedenti normative locali, con obbligo di recepimento completo entro il 2015.
Le principali novità introdotte dai due regolamenti riguardano la classificazione delle sostanze pericolose, che al giorno d’oggi devono essere catalogate applicando i medesimi criteri di tossicità in tutto il mondo, l’omologazione delle nuove schede di sicurezza (ora obbligatorie per tutti i prodotti pericolosi nella lingua del paese di distribuzione) e l’etichettatura delle confezioni con l’introduzione dei nuovi pittogrammi di rischio che abrogano di fatto la precedente segnaletica definita nel vecchio regolamento CE 52/1997.

Una prima ed immediata applicazione in Italia dei due regolamenti europei di cui sopra, si trova già nel titolo IX del Testo Unico sulla sicurezza, che ha un approccio più tecnico e rivolto direttamente agli operatori del settore, in particolare ai Datori di Lavoro delle industrie in cui si producono o utilizzano reagenti chimici, e/o a chi si interessa di effettuare la valutazione di questo rischio.
Esistono diversi protocolli che possono essere utilizzati per la valutazione del rischio, basati per lo più su algoritmi che tengano in considerazione le seguenti variabili: pericolosità intrinseca del prodotto, vie di esposizione (accidentali e non), valori limite di esposizione, frequenza e quantità annue di esposizione e misure di prevenzione e protezione adottate.
Indipendentemente dal protocollo utilizzato per la valutazione, il risultato che viene restituito è un fattore di rischio che indica la pericolosità residua all’interno dell’ambiente o ciclo lavorativo in studio; qualora l’esito della valutazione indichi un rischio chimico “non irrilevante per la salute e la sicurezza”, il datore di lavoro dovrà provvedere ad adottare una serie di misure di prevenzione e protezione volte a salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori, che comprendano obbligatoriamente anche la sorveglianza sanitaria (il cui protocollo viene elaborato in collaborazione con il medico competente) e l’impiego di idonei dispositivi di protezione collettivi ed individuali.
Se all’interno dei prodotti utilizzati in azienda vi sono anche dei reagenti classificati come cancerogeni/mutageni e prodotti teratogeni, le misure di prevenzione dovranno essere studiate in modo specifico per ognuno di questi prodotti, il cui impiego deve essere notificato all’INAIL mediante apposito registro di esposizione.
Alcune industrie chimiche, inoltre, appartengono a una categoria di industrie classificate a Rischio di Incidente Rilevante, sono cioè quelle attività in cui un eventuale incidente potrebbe avere conseguenze sull’ambiente e sulla popolazione nei dintorni; queste aziende devono adottare protocolli di sorveglianza misure restrittive ancora più severe ai sensi della direttiva nota come “Seveso” (CE82/501).

Il rischio chimico negli altri settori

Esistono infine molte aziende che, pur non essendo direttamente e propriamente classificabili come industrie chimiche, detengono o utilizzano prodotti potenzialmente tossici e nocivi all’interno dei loro cicli produttivi, e che quindi non sono esenti dalla valutazione del rischio e dall’adozione delle misure di prevenzione e protezione in accordo con la normativa europea e italiana.
Ne fanno parte, a titolo esemplificativo:

redazione dvr chimico

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