Sicurezza sul lavoro negli ambienti confinati

 

In Italia esiste ancora un po’ di confusione sulla corretta definizione normativa di “spazi confinati”. La legislazione internazionale risulta chiara e dettagliata nel definire i “confined spaces” che vengono distinti nelle stesse OHSA, in cinque diverse categorie a seconda che l’ambiente sia nell’edilizia (scavi), nel settore industriale( vasche di raccolta e silos), in agricoltura (pozzi interrati e depuratori), sulle navi (stive) o nei porti (container e cisterne).

Alcune immagini di ambienti confinati.

stiva nave

Stiva di una nave

depuratori

I depuratori

vasche di raccolta

Vasche e cisterne di raccolta

caldaia

Caldaia quale ambiente confinato

Normativa

La normativa italiana invece accomuna i rischi correlati agli spazi confinati a quelli relativi agli ambienti sospetti di inquinamento, identificando in maniera pressoché analoga le misure preventive e protettive da adottare nell’uno e nell’altro caso, come già intuibile dal D.P.R. 177 del 14.09.2011 – “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”.
Facendo un breve passo indietro nell’evoluzione normativa in materia di spazi confinati, si ravvisa dapprima nell’art 6 comma 8 lettera g, la necessità di individuare i criteri per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, che troverà applicazione anche negli ambienti confinati ed a sospetto di inquinamento.
Più nel dettaglio nell’art 66 D.Lgs 81/08, si fa esplicito riferimento ai divieti ed alle misure preventive e protettive per i lavoratori distaccati presso questa tipologia di attività (pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie…), e nel successivo art. 121 si elencano nel dettaglio le misure di prevenzione e protezione da adottare in caso di sospetto di presenza di gas tossici.
Tuttavia le norme tecniche di riferimento vengono dettagliate nel sopra citato DPR 177/2011, che pur non entrando nel merito specifico della definizione, illustra quali siano intano i prerequisiti obbligatori posseduti dalle imprese e dai lavoratori autonomi che esercitino la loro attività in ambienti confinati o a sospetto di inquinamento.
Tali requisiti partono dall’inderogabile e vincolante applicazione integrale di tutte le disposizioni in materia di prevenzione e protezione dell’81/08, (sorveglianza sanitaria, valutazione dei rischi e gestione delle emergenze); obbligo che diventa tale anche per le imprese a carattere familiare che non possono più beneficiare della clausola facoltativa definita nel comma 2 dell’art 21.
Le imprese impiegate inoltre, devono avere personale esperto in attività di questo genere, in misura non inferiore al 30% della forza lavoro complessiva, e devono avere espletato l’obbligo di informazione e formazione specifica sia sul rischio che in materia di addestramento, scelta ed utilizzo dei DPI adeguati.

Rischi per gli spazi confinati

I rischi principali per le attività in ambienti confinati sono dovuti alla possibile presenza di sostanze inquinanti nell’aria, ovvero alla carenza di ossigeno. In entrambi i casi si può quindi parlare a ragion veduta di rischio di tipo chimico :Ossidi di azoto (NO2,NOx), Ossidi di zolfo (SO2), Monossido di Carbonio, Benzene, formaldeide sono tra i contaminanti aerodispersi a maggior rischio che agiscono attraverso un meccanismo di tossicità.
Un altro rischio è legato a cadute accidentali o provocate da sensazioni di vertigini, anche eventualmente correlate alla carenza di ossigeno che provoca inizialmente stato di torpore e sonnolenza. È indispensabile in questi casi installare dispositivi di controllo e monitoraggio dell’aria, (sia indossabili che fissi) che rivelino eventuali stati di sottossigenazione o presenza di contaminanti al di sopra dei valori sogli consentiti.
Infine non sono da trascurare rischi correlati ad esposizione a sorgenti acustiche a livelli di emissione pericolosi, anche in virtù della attività svolte all’interno degli spazi e dell’acustica particolare di questi ultimi; disagi riconducibili a situazioni microclimatiche sfavorevoli (elevata umidità, calore eccessivo) ed il sempre presente rischio incendio che va valutato attentamente in relazione all’eventuale presenza di sorgenti di innesco e delle già citate sostanze chimiche anche potenzialmente infiammabili (Benzene, Formaldeide).

Settori più a rischio

I settori lavorativi che possiamo considerare più a rischio sono quelli industriali (si pensi a quella chimica), in cui per esempio possono essere presenti grosse cisterne per la lavorazione o la conservazione dei prodotti intermedi o finiti, in questi casi sono da considerare con attenzione anche e soprattutto le attività di pulizia e manutenzione.
Inoltre il settore dellagricoltura, per la presenza di silos di stoccaggio, in cui la presenza di polveri aero disperse, oltre che tossiche, possono essere fonte di facili incendi.

Formazione ed aggiornamento

Come già in precedenza accennato l’aspetto della formazione, oltre ad essere un obbligo certificato, assume importanza strategica per tutti gli operatori di questo settore, la normativa di riferimento (sempre DPR 177/2011) definisce i criteri d i contenuti formativi, obbligando i soggetti interessati ad erogarla ed a sostenerla.
In situazioni in cui siano assegnate attività in regime di appalto o subappalto, è obbligo del committente erogare la formazione e l’addestramento specifico, oggetto anche di aggiornamenti, ai lavoratori che opereranno in ambienti confinati e a sospetto di inquinamento, ivi compresi i datori di lavoro delle singole imprese (se direttamente operanti in cantiere).
È importante sottolineare quindi l’obbligo, che non si limita alla verifica di una eventuale formazione pregressa, ma che impone di effettuare formazione specifica sui rischi, documentata e con verifica di apprendimento, con durata commisurata alla natura dell’attività, per ogni singola lavorazione.

 


ANFOS: Associazione Nazionale Formatori Sicurezza sul Lavoro

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