SENTENZA 7292/2010: i dispositivi di protezione

 

31 Maggio 2010

occhiali protezione lavoroCon la sentenza n. 7292 del 23 Febbraio 2010, la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla portata della norma che impone l’utilizzo di occhiali e o schermi protettivi appropriati, definendo che il fine della norma antinfortunistica è quello di salvaguardare il lavoratore dal pericolo di schegge non solo per la attività in cui tale rischio è previsto e prevedibile ma anche in quelle in cui tale rischio sia considerato eccezionale e contingente.
Il caso di specie riguarda l’infortunio occorso all’occhio sinistro di un lavoratore colpito da una scheggia di un tubo in pvc, mentre era intento ad inserire la tubazione di plastica in un pozzetto.

La Corte di Appello territorialmente competente aveva assolto il datore di lavoro in ragione del fatto che l’attività svolta dall’operaio: martellamento di un tubo di plastica, non prevedeva l’uso di dispositivi di protezione per gli occhi, come elemento necessario ai fini della sicurezza dei lavoratori.

Contro tale decisione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello competente ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo quali motivi di ricorso:

  1. erronea applicazione art 43 e 45 c.p. e art.4 DLgs 6/94 e art.12 DPR 547/55;
  2. illogicità della motivazione per la affermata imprevedibilità delle schegge.


Il Collegio costituzionale ha dichiarato infondati entrambi i motivi di ricorso, ed annullato la sentenza impugnata.
Infatti, confermando l’indirizzo interpretativo prevalente (cfr. sent. 5989/81, 9420/84, 5251/85), gli Ermellini hanno ribadito che si tratta di una norma a carattere generale, senza l’indicazione tassativa delle attività per le quali l’uso del dispositivo di protezione sia necessario; pertanto qualsiasi tipo di lavoro rientra nella fattispecie in questione.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso: l’asserita imprevedibilità dell’infortunio, dovuta alla scheggia impazzita, per essere considerata causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l’evento deve integrare un comportamento anomalo del lavoratore, cioè un atteggiamento estraneo alle mansioni che gli sono proprie, esorbitante rispetto al lavoro che gli compete: fatto questo non riscontrabile nel caso di specie.


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