Piemonte, processo stabilimento ex Montedison per carenza di sicurezza

 

22 Febbraio 2010

malattie lavoroÈ della metà di dicembre la notizia che la procura di Alessandria ha aperto un secondo filone di inchiesta relativo all’inchiesta sull’avvelenamento doloso dell’acqua di falda in superficie e in profondità dentro e fuori lo stabilimento l’area industriale della ex Montedison di Spinetta Marengo, ora Solvay Solexix, ma un tempo proprietà Ausimont. Il secondo filone appena aperto riguarda la morte di alcune decine di persone, tutti ex operai direttamente ed indirettamente occupati nello stabilimento chimico.

Il procuratore di Alessandria, Michele Di Lecce, ha incaricato la Asl di Alessandria della raccolta delle cartelle cliniche dei singoli pazienti che a partire dagli anni Sessanta hanno riscontrato tumori che poi hanno portato al decesso. Inoltre Di Lecce ha fatto sapere che il suo ufficio ha interessato il dipartimento “Spresal” dell’Asl di Alessandria che svolge “attività nell’effettuazione di inchieste e accertamenti su malattie professionali e infortuni, nella promozione di iniziative d’informazione, formazione e assistenza ai lavoratori e alle aziende in materia di igiene e sicurezza sul lavoro”, ai sensi del Testo Unico 81/2008.

La motivazione dell’apertura dell’inchiesta è molto chiara dalle parole che si possono leggere agli atti: “La ricerca delle malattie contratte nei luoghi di lavoro incontra usualmente alcuni ostacoli, dovuti alla difficoltà con cui viene riconosciuto il legame causa effetto tra malattia ed esposizioni lavorative e nelle patologie ad esposizione multifattoriale. Per questo vogliamo accertare con particolare attenzione il riconoscimento di malattie professionali anche nei casi in cui sono sospettate o già riconosciute dagli enti proposte”.

In realtà ad accelerare l’inchiesta della procura della repubblica di Alessandria sarebbe stata una richiesta di risarcimento del danno differenziale da malattie professionale riscontrato anche dall’Inail a Vincenzo Pacilli, dipendente presso dello stabilimento chimico di Spinetta Marengo deceduto il 26 marzo del 2005 per fibrosi polmonare, insufficienza respiratoria e polmonite, avanzata dall’avvocato Luigi Negro per conto della moglie e degli eredi. Come Pacilli altri operai deceduti per lo stesso tumore o per altre cause patalogie si sarebbero già costituite parte civile, (oltre 80), presso lo studio legale dell’avvocato Giuseppe Lanzavecchia di Alessandria incaricato dal comitato promotore di cui fa parte il parlamentare europeo Oreste Rossi e “Medicina Democratica”.

Lunga è la storia dello stabilimento, dei suoi passaggi di proprietà e anche la catena di morte e di malattie che lo ha accompagnato fin dagli anni ’60 quando erano le lavorazioni ed i reparti a rischio: l’Algoflon ed i forni per la produzione di vetro-resina e titanio in polvere dove fra l’altro sarebbero stati usati gas micidiali, inodore, incolore e trasparente come l’acido floridico(HF) e l’acido solforico(H2 SO4). Reparti in cui si alternavano decine e decine di operai direttamente assunti dall’Ausimont ed altri da ditte esterne. Negli anni ’90 una parte minore venne acquistata da Atofina-Arkema. Nel 2002 la parte più massiccia dello stabilimento è passata a Solvay Solexis. Sarebbe stato proprio nei periodi intermedi dei passaggi di proprietà che si sarebbe riscontrato il maggior numero di casi di tumore pleurico maligno nel periodo che va da 1995 al 2002, come registrato dall’Osservatorio regionale del Piemonte: l’ente ha assegnato alla provincia di Alessandria il primato di mortalità riscontrato in Piemonte.

Dal 2002 la frequenza di malattie professionali denunciate è diminuita grazie alla chiusura definitiva dell’Eternit di Casale e al cambio di lavorazioni allo stabilimento chimico di Spinetta. Ma purtroppo il danno era già stato fatto.Ecco perché la procura ha deciso di indagare. Alla ricerca delle malattie legate al mondo del lavoro, in questo caso per verificare se c’è un nesso tra le morti per tumore di lavoratori diretti o indiretti del polo chimico di Spinetta Marengo e la loro esposizione – avvenuta nel passato – a lavorazioni pericolose all’interno dello stabilimento.


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